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Corsi e
ricorsi
Illusioni pericolose
La
cosa più difficile da capire sul fronte dell’emergenza migrazione, sono le
posizioni espresse dal ministro degli Esteri italiano
Gentiloni e questo almeno dal dicembre scorso, quando il ministro sembrava
pronto ad invadere la Libia
da solo. Intervistato dalla Bbc, Gentiloni ha detto ieri di pensare “che ci
sia il rischio in Libia che la minaccia del Daesh si possa espandere e nello
stesso senso in cui agiamo in Siria e Iraq se il pericolo dello Stato
islamico in Libia crescerà, saremo obbligati ad avere lo stesso tipo di
intervento anche in Libia”. A dire il vero, il tipo di intervento che la
comunità internazionale svolge in Siria ed in Iraq non è paragonabile a
quello che si presume possa svolgere in Libia, poiché in Siria ed in Iraq si
combatte sul terreno, anche se non lo fanno gli occidentali direttamente, ma
gli iraniani con gli iracheni e le truppe di Assad con i curdi,
separatamente. Il rapporto con i due schieramenti è dunque piuttosto
complesso, nel senso che c’è un qualche coordinamento occidentale con le
truppe che combattono in Iraq, mentre ce n’è uno
solo limitato ai curdi in Siria e quindi le due situazioni non sono
assimilabili fra di loro. In ogni caso Gentiloni, senza dover necessariamente
compiere un’analisi della situazione strategica del medio oriente, intendeva
dire che se anche la minaccia terroristica dovesse crescere in Libia,
l’Italia non manderà truppe di occupazione. Nessuno sta contemplando un piano
del genere e quindi se le dichiarazioni del ministro del dicembre scorso
avevano destato dei dubbi riguardo, oggi questi sono fugati. Il problema
della comunità europea è invece, come ha poi aggiunto il ministro degli
Esteri italiano di “considerare la possibilità di colpire il terrorismo in
Libia, come stiamo facendo in altri Paesi”. Solo che in questo caso, come
abbiamo notato, è che negli altri paesi ci sono dei combattenti a terra che
in Libia mancano e quindi ci sarebbe un dubbio sull’ efficacia
di un’operazione antiterrorismo costretta ai soli attacchi aerei. Ad esempio,
gli americani sono anni che usano i droni in Yemen e la settimana scorsa sono
stati costretti a mandare la
Roosvelt nelle acque del golfo. È inutile farsi illusioni.
Se l’Europa non trova un accordo vero con Tripoli e Tobruk, almeno entrambi i
governi sono necessari di fronte ad una frammentazione tribale della Libia,
il terrorismo non avrà ostacoli e potrà presto danneggiarci facilmente,
perché i barconi spediti sulle nostre coste possono essere uno dei suoi modi
di finanziarsi. In quel caso se Tripoli e Tobruk, continuano a farsi la
guerra fra loro, come stanno facendo, l’Europa dovrà mandare le sue truppe.
In questo caso si tornerebbe nella scatola di sabbia.
Roma, 23 aprile 2015
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